Carmelo Crea: la vita è un quadro di donna (di Antonio Saccà)

È difficile capire perché un uomo ha voglia di esprimersi e un uomo vive soltanto, perché un uomo ha voglia di emettere da se stesso musica, poesia, architettura, scultura, pittura, e un uomo non ha nessun bisogno di esprimersi e vive soltanto, ripeto. Perché questo bisogno d’espressione, al dunque, che differenza c’è tra l’artista e l’uomo corrente? Una differenza enorme: l’artista credo che abbia un eccesso di vita, un eccesso di vita dovuto o alla mancanza di vita o appunto all’eccesso di vita. La mancanza di vita può diventare eccesso di vita nel momento in cui si soffre questa mancanza, e si cerca di compensarla con la fantasia, o anche esprimendo la mancanza. Per il che un uomo di minimissima vita come Giacomo Leopardi, poi ebbe un’enormità di vita nell’espressione. E la vita di Leopardi, nella sua capacità espressiva supera, non so, quella di Casanova, che in quanto a vita diretta non temeva rivali. Vi è un particolare modo di sentire nell’artista, consiste nel sentire la vita. Sembra una banalità assoluta ma è la realtà, l’artista sente la vita, sente a tal punto che la vita gli straripa, per mancanza, dicevo, o per eccesso, ed egli deve trasferirla nell’espressione, come quando si riempie un bicchiere, al colmo butta ai margini l’acqua… Mi veniva da pensare così entrando nella casa studio di Carmelo Crea, a Roma, nel quartiere Laurentino. È una casa che, all’esterno, non ha niente di che, ma nell’istante in cui si entra si rimane abbacinati da una folta vegetazione di quadri. Crea ha avuto l’idea, non so quanto volontaria o nata nel suo fare, di mantenere gran parte dei suoi quadri nella sua casa, sicché la casa di Crea è il museo di Crea, la pinacoteca di Crea, la perenne mostra di Crea, egli si trova circondato da se stesso, dalle sue opere. Questo caratterizza un altro aspetto della differenza tra gli esseri umani: Vi sono degli uomini, i quali non hanno bisogno di dare un’impronta di sé al mondo fuori di sé e ci sono degli uomini, i quali se non danno un sigillo di se stessi, fuori di se stessi, si sentono morti, spenti, inesistenti, senza  individualità. Crea, evidentemente, ha bisogno di vedere se stesso anche fuori di se stesso, di dare una sua impronta alla realtà esterna. E quale è questa impronta? Innanzitutto la casa, di un lindore, di una luminosità che non ho mai visto, anche per l’invenzione che Crea ha posto delle pareti specchio, al punto che le pareti si duplicano, triplicano, quadruplicano, e si illuminano per questo specchiarsi; poi le aperture ai prati circostanti, la natura, diciamo, gli alberi, i fiori, le piante, le colline del Laurentino… Ma, soprattutto, i quadri. I quadri di Crea sono la rappresentazione di un paradiso terrestre quando ancora Adamo ed Eva vi sostavano. Crea non ha lasciato il paradiso terrestre, o se lo è ricostruito, il paradiso, la donna, Eva. I quadri di Crea sono tutti dedicati alla donna, potrei dire, al modo meridionale, alla femmina, e ancor meglio al corpo, e ancora meglio, al nudo. Non vi è ritratto d’uomo nei quadri di Crea, manca l’uomo, e manca per il semplice fatto che il solo uomo, in tutto questo pandemonio femminile, è Crea, è l’unico uomo, e vuole essere l’unico uomo, quello che ha visto tutte queste donne, le ha viste nude, le ha viste stese, le ha viste sul letto, su un tappeto, le ha viste in piedi, le ha viste in tutte le posizioni, con una varietà di colori, di forme, di positura, architettonica, donne dritte, donne piegate sulla schiena, donne stese a terra, una presenza del corpo femminile che ha dell’ossessivo, ma che non è ossessiva, in quanto non vi è nulla di morboso, piuttosto l’inno totale alla vita, e la vita, come capita ad alcuni uomini, è la donna… Come descrivere questo gineceo? Vi sono dei disegni, ad esempio di Antonietta, di Maricla, la prima robusta, vigorosa, l’altra più delicata, più morbida, più piccola, più rifinita. Ecco: Crea diventa pittore per il trasporto sensuale che ha verso queste donne, è a tal punto invaso da queste due giovani donne che non ha potuto fare a meno di dipingerle, si inebriava, si esaltava, e che poteva fare se non tentare di mettere su carta quel che viveva e vedeva, per impedire che il momento finisse nel nulla! E ci è riuscito: i quadri, anche di venti, trenta, quarant’anni fa, hanno conservato la vita alla quale hanno attinto. È l’arte a rendere inesauribile la vita, un dissetarci continuo di vita. In un quadro su questa Maricla, stesa sul tappeto, lo sfondo della stanza che dà sui prati esterni, Crea ha saputo equilibrare la coloritura del corpo della giovane, un nudo in ocra sul tappeto del medesimo colore, ma con una sfumata differenza di tonalità, un contrappunto musicale, la capacità di dosare al minimo grado di differenza lo stesso colore, una sensualità evanescente, carezzevole… Mi stupì che Crea, da tali dipinti, è passato come un’eruzione ad una pittura colorista in maniera estrema, i colori squillano, gridano, urlano, suonano, danzano, ballano, festeggiano, tutti i colori possibili, un arcobaleno dirompente, clamoroso, sempre donne, intendiamoci, ma, questa volta, donne a colori e circondate da colori, colori che sono frutta, che sono alberi, che sono piante, che sono qualsiasi cosa, purché mostra esplosiva di colore. Perché? Me ne faccio una spiegazione psicologica: con l’andare del tempo, paradossalmente, il vigore si attenua, ma l’amore per la vita tutt’altro, perfino può crescere, ora. Crea, nei suoi anni maturi, per questo amore estremo per la vita e per il corpo femminile, il corpo femminile come vita, ha creduto, da una giovinezza in cui la sensualità non aveva bisogno di esprimersi cosi vistosamente perché esisteva concretamente, di trasferire la vitalità nei colori. Sicché, l’amore per la vita che è l’essenza della pittura di Crea, trova ora in questi fuochi di artificio di colori, la sua manifestazione più vistosa, più immediata. Insomma, un pittore tutto esposto senza riserve alla vita, un pittore che ha amato, ama, e amerà finché vivrà la vita, e che trasmette a chi sa goderne questo suo amore. E la vita, per Carmelo Crea, è la donna. Si “vede”. Carmelo Crea è stato pilota di linea, aerei, grandi aerei, grandi voli; un incoercibile amore per la pittura gli ha fatto lasciare tale lavoro, pur di dedicarsi a quest’arte. Ad ottobre terrà una personale in una Galleria di via Rasella, a Roma. Ha un’ampia attività artigianale, stemmi della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza li ha resi in opere di terracotta. Alla ceramica ha dedicato parte del suo lavoro. Nato a Roma, ha origini calabresi.     Antonio Saccà  (Imperi n° 33 – 2014)

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